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Roberto Ferretti (Grosseto, 1948 - Giordania, 1984) è il fondatore dell'Archivio delle tradizioni popolari della Maremma grossetana.

Studioso di folklore e operatore culturale e sociale grossetano, fin da ragazzo aveva sviluppato la passione per il disegno e per la storia locale. Ferretti conobbe anche l'impegno politico, aveva svolto la sua formazione all’interno della sinistra giovanile grossetana intellettuale e culturalmente attiva. Esprimeva simpatia per i ribelli ed i marginali, oltre che per le classi subalterne. Dimostrava interesse per una certa impostazione orientalista (diffusa in quegli anni) e per certi aspetti misteriosi della realtà. Fondamentale per la sua formazione di ricercatore locale fu l’amicizia con i testimoni della tradizione maremmana come Morbello Vergari, Alessandro Giustarini, Corrado Barontini.

La formazione[]

Dall’incontro con Gastone Venturelli, che negli anni settanta svolgeva ricerche demologiche in lucchesia, iniziò un rapporto grazie al quale realizzò alcune significative pubblicazioni. Anche la collaborazione con Pietro Clemente, allora docente di Storia delle Tradizioni Popolari all’Università di Siena, lo aprì ad una dimensione più complessa ed impegnativa di ricerca in ambito universitario. Ferretti si era laureato all’università La Sapienza di Roma nel 1977 con una tesi sui racconti di tradizione orale raccolti nella provincia di Grosseto. Come testimonia Aurora Milillo, che negli anni universitari di Ferretti era incaricata di seguire, nell’Istituto diretto da Diego Carpitella, i lavori di tesi sulla letteratura e la favolistica folklorica, il giovane studioso grossetano si era dovuto allontanare dalla Maremma per poterla descrivere e documentare. Con la creazione dell’Archivio, e la sua istituzionalizzazione, Ferretti si contornò di giovani ricercatori, chiamando a partecipare alle attività dell’Archivio lo stesso Carpitella, che con Alberto M. Cirese era stato suo relatore di tesi, e che nel primo periodo di attività del centro grossetano, svolgeva un ruolo di garante delle attività scientifiche. Proseguiva intanto la collaborazione con Barontini e Vergari, e sotto la guida di Ferretti iniziarono a svolgere ricerche in ambito demologico, fra gli altri, Nevia Grazzini, che si occupava della tradizione della befana, Gabriella Pizzetti, impegnata nella fiabistica e più tardi nelle storie di vita, Pompeo Della Posta, che in quel periodo condusse una esemplare ricerca sulla caccia con insidie nel grossetano, dalla quale prese forma una mostra ed un volume.

Uno stile personale[]

Le narrazioni di tradizione orale, i blasoni popolari, la devozione religiosa, le pratiche scaramantiche rappresentavano nelle ricerche di Roberto Ferretti una chiave di lettura della società. Dal punto di vista metodologico egli riusciva ad osservare fenomeni sommersi, a far emergere memorie lontane, quasi completamente scomparse, di cui le stesse persone che intervistava pareva non avessero piena coscienza, come in un gioco di specchi nel quale un’immagine, un suono, una frase, restituiscono e riproducono altre immagini, altre memorie. Un aspetto importante della modalità di approccio di Ferretti alla ricerca, è costituito dal particolare rapporto di intimità che egli riusciva a stabilire con l’informatore, particolarmente con i più frequentati. La sua può essere definita coma una “partecipazione emotiva” alle condizioni di vita dei suoi interlocutori. Si capisce meglio, ora, a distanza di tempo, quanto quella partecipazione rappresentasse in realtà il profondo rispetto che Ferretti riservava ai suoi informatori, il suo coinvolgimento nel loro mondo emotivo. Un altro aspetto che Ferretti sembrava aver compreso in anticipo è il fatto che è impossibile, per il ricercatore, apparire come una entità del tutto neutra e trasparente, come se non facesse parte della scena.

Il suo lavoro[]

Ferretti ha raccolto una notevole quantità di materiale, con lucidità ha rintracciato le tessere di un mosaico di cui sembrava conoscere a priori il disegno, perfino nei particolari. Nei suoi scritti si individua, nel tempo, un accostarsi progressivo a differenti impostazioni teoriche: i diversi autori con i quali usava dialogare. Negli articoli comparsi con una certa regolarità fra il 1977 e il 1984 nella cronaca locale del quotidiano La Nazione si scorge, soprattutto nel primo periodo, la tendenza all'interpretazione dei fenomeni folklorici dominata da un’impronta frazeriana. Le figure mitologiche del mondo agricolo costituiscono, nei suoi studi, presenze attive nel territorio; i santi e i martiri cristiani risultano essere mutazioni di divinità pagane preesistenti. Oggetto delle sue ricerche sono le esili tracce di antichi culti e di riti sacrificali, attenuate dal tempo ma non ancora scomparse del tutto, la memoria degli antici culti degli alberi e delle rocce, le dimore di dei e personaggi mitologici. Un autore cui Ferretti ha fatto riferimento, più o meno esplicito, è Ernesto de Martino, particolarmente La terra del rimorso, Sud e Magia, Il mondo magico. Nei rilevamenti sulle pratiche scaramantiche, Ferretti rinveniva, in Maremma, historiole nelle quali si può riscontrare un’analogia con quelle rilevate in terra lucana. Nei suoi scritti non mancano riferimenti al Ramo d’oro di Frazer, al Le Radici storiche dei racconti di fate di Propp, alle Osservazioni sul folklore di Gramsci. Egli cercava di gettare una luce interpretativa su alcuni riti rilevati nel grossetano, più o meno infiltrati da elementi cristiani, come l'usanza di raccogliere l’umidità della notte da determinate piante a scopi augurali scaramantici e curativi, o la pratica di “legare le febbri” in un luogo lontano dall'abitato, recitando una formula che le avrebbe imprigionate, liberandone la comunità degli uomini. Nelle ricerche intorno al fenomeno collettivo del quale è riuscito a rilevare aspetti oppositivi in diverse località del grossetano, come il carnevale, e in altri scritti dedicati al teatro popolare, o ai riti del fuoco, Ferretti sembra dialogare con Jung, con Kerenyi, con Propp. Di notevole importanza i suoi studi sulla fiabistica, di cui ha individuato tipi e motivi che sembrano collocarsi ai margini della “tassonomia” delineata dagli indici di Aarne e Thompson. In quest’ambito, la novità introdotta da Ferretti è stata quella di accedere ad un’ampia gamma di materiali di tradizione orale, dalle vere e proprie leggende, alle narrazioni sul vissuto, agli aneddoti, andando oltre l’analisi dei testi scritti. La ricerca svolta da Roberto Ferretti in Maremma risulta orientata al rilevamento dell'immaginario che sebbene sia riferito a pratiche del fare, esula completamente della magia e dalle azioni stregonesche. È il sistema delle conoscenze che potremmo definire “puramente intellettuali”, libere dall'agire pratico, l'oggetto della sua ricerca.

Ferretti è morto nel dicembre del 1984, a trentasei anni in Giordania, in un incidente stradale.

Nel 1986 è insignito del Grifone d'oro alla memoria.

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