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Il dialetto grossetano è parlato a Grosseto e nella sua provincia da più di 200 mila parlanti. Sembra che già Dante lo avesse identificato come culla della lingua italiana, grazie soprattutto alle traduzioni duecentesche di Andrea da Grosseto, noto anche per la sua traduzione in volgare toscano dei trattati latini di Albertano da Brescia.

Proprio nell'area compresa tra le città di Grosseto e Siena si parlava, infatti, il dialetto dal quale è derivato l'Italiano parlato oggi.

Il dialetto grossetano attuale è caratterizzato da forti differenze data la vastissima estensione della sua provincia che occupa più di un quinto dell'intero territorio regionale toscano. A Monte Argentario e a Orbetello è percepibile una forte cadenza strascicata e un tono cantilenante, a Manciano e a Capalbio è evidente una discreta influenza laziale, mentre nella zona di Massa Marittima l'accento tende molto a quello del Senese.

Il dialetto grossetano puro è una lingua semplice, dove è percepibile l'accento toscano ma rispetto agli altri dialetti regionali si differenzia per l'eleganza di alcune espressioni popolari; tra tutti i dialetti presenti in Italia è quello che si avvicina maggiormente all'italiano standard.

Caratteristiche[]

In linea generale, il fenomeno della gorgia toscana, ovvero l'aspirazione della lettera c, è molto più attenuato rispetto agli altri dialetti toscani, scomparendo quasi del tutto all'Isola del Giglio e in molte aree dei comuni di Monte Argentario, Orbetello, Capalbio e Castell'Azzara dove sono percepibili influenze laziali.

Al contempo, si assiste quasi ovunque al troncamento dell'ultima sillaba dell'infinito presente dei verbi della II coniugazione (es. prende' per prendere, vede' per vedere, tene' per tenere, ecc.), ma talvolta anche per alcuni verbi della I e della III coniugazione. Altri tipi di troncamento possono verificarsi anche nell'uso di alcuni articoli e preposizioni.

Nelle zone costiere della provincia, si può riscontrare, seppur in modo molto più attenuato, la tendenza all'allungamento della pronuncia della e aperta compresa tra due consonanti, come accade anche nei dialetti toscani occidentali, come il dialetto pisano e il dialetto livornese.

Rispetto alla quasi totalità dei dialetti toscani settentrionali come il fiorentino]] e il pratese, non vengono quasi mai raddoppiati i pronomi (a me mi piace).

Bibliografia[]

  • Alberti Eschini M.G. 1971 Vocabolario di Roccalbegna, S. Caterina, Vallerona (Gr), Pisa, Pacini Mariotti.
  • Barberini M. 1994 Vocabolario maremmano, Pisa, Nistri-Lischi.
  • Fatini G. 1953 Vocabolario amiatino, Firenze, Barbera.
  • Fanciulli P. et al. 1968 Questo è l'Argentario, Genova.
  • Fanciulli P. 1987 Vocabolario di Monte Argentario e Isola del Giglio, Pisa, Giardini.
  • Longo V. 1936 Il dialetto di Pitigliano in provincia di Grosseto (lessico) (L'Italia dialettale, 12: 103-148).
  • Longo V. 1943-44 Saggio di lessico dei dialetti dell'Amiata, edito con annotazioni etimologiche da C. Merlo (L'Italia dialettale, 18: 167-188; 19: 51-110).

Voci correlate[]

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